venerdì 11 gennaio 2008

I MOVIMENTI RELIGIOSI RIFORMATORI

I MOVIMENTI RELIGIOSI RIFORMATORI

http://www.scuolascacchi.com/medioevo/i_movimenti_religiosi.htm
E GLI ORDINI MENDICANTI
Sommario del capitolo
La Chiesa e il popolo
I Catari e i Valdesi
La crociata degli Albigesi
San Domenico e san Francesco
Gli spirituali
1. La Chiesa e il popolo.
Le eresie del XII secolo furono i più vasti movimenti religiosi antiecclesiastici che l'Europa conobbe prima della riforma luterana. Il loro successo si spiega tenendo conto anche delle particolari con-dizioni di disagio in cui si trovava allora la Chiesa anzitutto nei suoi rapporti con i Comuni. Impegnati a difendere il loro recente potere politico, i Comuni cercavano di resistere alle ingerenze poli­tiche ecclesiastiche e talvolta erano anche tolleranti nei confronti di tendenze religiose condannate dalla Chiesa. Di qui censure, sco­muniche, interdetti. Onorio III (1216-1227) giudicava Brescia « sede dell'eresia »; Milano era guardata come una « fossa piena di ere­tici »; contro Genova fu scagliato l'interdetto dal vescovo di Tolosa perché la città non volle accogliere nei suoi statuti alcune clausole che la impegnavano a perseguitare gli eretici. Non mancarono, dal-l'altra parte, casi in cui le autorità del Comune, per rappresaglia, vietarono ai cittadini di avere rapporti con il vescovo. La relativa indipendenza del potere politico comunale dalla Chiesa favoriva dunque maggiore libertà di dibattito e di ricerca anche nel campo teologico.

L'organizzazione della Chiesa aveva tradizionalmente i suoi cen­tri più attivi nelle campagne, nei grandi monasteri, e si era adattata alla mentalità ed alle esigenze delle popolazioni rurali, mentre i suoi rappresentanti cittadini, i vescovi, si erano sempre più politicizzati. Il movimento cluniacense aveva messo fortemente in rilievo il tra­visamento della loro missione e la diffusa corruzione che esisteva tra gli alti rappresentanti del clero cittadino. Del resto, anche nelle campagne la situazione non era soddisfacente. Il basso clero, per la sua ignoranza e per il fatto di essere subordinato ai patroni laici delle

chiese parrocchiali, spesso non era in grado di svolgere il suo com­pito. Gli Ordini religiosi erano impegnati nella gestione di grandi patrimoni fondiari, il cui possesso li faceva apparire non diversi dai signori feudali laici. La Chiesa doveva ora parzialmente modificarsi, adattarsi alla situazione creata dallo sviluppo cittadino e risolvere, nello stesso tempo, i nuovi problemi sorti sul terreno della dottrina, della vita morale, dell'atteggiamento religioso.





2. I Catari e i Valdesi.
Il più importante movimento ereticale del Medioevo fu quello dei Catari (dal greco katharòs, puro). Professava princìpi che erano estranei alla religione cristiana e che si ricollegavano ad antiche dottrine che già nel IV e nel V secolo la Chiesa aveva dovuto combattere. La dottrina dei Catari riprendeva la tradizione del mani­cheismo, con la sua visione dei due princìpi divini inconciliabili, il bene ed il male. I Catari consideravano il mondo terreno, e tutte le creazioni dell'uomo, tra cui in primo luogo la Chiesa, come opere del male, contro cui bisognava assumere un atteggiamento di anti­tesi totale. Giungevano fino a rifiutare il matrimonio, per non avere figli, ed a giustificare l'annullamento del corpo mediante il suicidio. Soprattutto erano ostili alla Chiesa, con la sua ricchezza, potenza politica, organizzazione, e ritenevano ispirate al male le leggi e le norme che regolavano la vita degli Stati e delle comunità civili.

Il catarismo si diffuse nell'Italia del Nord, in Provenza e nella Linguadoca, penetrando in tutte le classi sociali, ma soprattutto in quelle che erano in polemica tanto col dominio feudale quanto. con la borghesia: contadini e operai, specialmente operai tessili, che diedero al movimento dei Catari una vera e propria base di massa. Sotto un certo aspetto, quindi, il catarismo aveva anche un conte­nuto di rivolta sociale, ma senza sbocco positivo, senza, cioè, una prospettiva di riforma delle istituzioni: il rifiuto dell'ordine esistente non era indirizzato contro una classe, ma coinvolgeva la società tutta, il principio stesso dell'organizzazione sociale.

Pericoloso per la sua estensione e per la radicale condanna del cattolicesimo, il catarismo fu anche un movimento organizzato, che costituì una sua Chiesa, con un ordinamento gerarchico, basato anzi-tutto sulla distinzione tra « perfetti » che seguivano in modo più rigoroso i precetti della loro religione e semplici « credenti ». Una delle pratiche più singolari dei Catari era il digiuno volontario fino alla morte (endura). Tale pratica era basata sulla convinzione che la

volontaria sofferenza corporale fosse il mezzo migliore per procu­rarsi la salvezza eterna.

Motivi analoghi a quelli degli arnaldisti (vedi cap. XII) ma più radicali, svolse il movimento dei Poveri di Lione, che sorse in Fran­cia negli ultimi decenni del XII secolo. Promotore fu un mercante di Lione, Pietro Valdo che, distribuiti ai poveri i suoi beni, si diede a predicare con un gruppo di compagni, intorno al 1170, il ritorno alla povertà evangelica. Poiché si rifiutavano di riconoscere la gerarchia ecclesiastica, furono condannati come eretici nel 1180. Le loro idee si diffusero nelle Alpi, nel Delfinato, nella Provenza. In Italia, movimenti di ispirazione valdese, ma con tendenze più decisamente anticattoliche, si diffusero in Piemonte e Lombardia. I Poveri Lombardi (che tennero un convegno a Brescia nel 1218) negavano la validità dei riti cattolici, il culto dei santi e delle im­magini, il Purgatorio e le indulgenze. Fortemente critici nei con-fronti della Chiesa, i Valdesi restavano tuttavia nell'ambito del cristianesimo.





3. La crociata contro gli Albigesi.
Nella Francia meridionale, ad Albi, grazie all'appoggio del conte di Tolosa Raimondo V, i Catari avevano costituito il loro centro organizzativo. La Chiesa tentò ripetutamente di riconvertire quelle popolazioni, ma questi tentativi (compresa la predicazione di san Bernardo, che andò ad Albi nel 1145) non ebbero successo. Così, dopo che nel 1208 un legato pontificio, Pietro di Castelnau, fu assassinato da un ufficiale del conte di Tolosa, il papa Inno­cenzo III decise di organizzare una vera e propria crociata contro gli Albigesi. Sotto la direzione di legati pontifici e di piccoli nobili e avventurieri, tra i quali Simone di Montfort, fu inviato nella Lin­guadoca un esercito che mise a ferro e a fuoco quella ricca e colta regione, sterminando indiscriminatamente decine di migliaia di abi­tanti. La guerra durò a lungo, finché il figlio di Simone di Montfort, Amaury, che aveva sostituito nel comando della spedizione il padre ucciso in combattimento, chiese l'intervento del re di Francia. Nel 1229 la crociata contro gli Albigesi si concluse. Se ne avvantaggiò in particolare il re di Francia Luigi IX, che ottenne delle conces­sioni territoriali e pose le premesse perché tutta la regione fosse incorporata nel suo regno.

4. San Domenico e san Francesco.
Trasformatasi in operazione politica, la crociata non distrusse l'eresia catara: né riuscì a conseguire lo scopo la creazione del Tri­bunale dell'Inquisizione, che ebbe il compito di dare la caccia agli eretici, in accordo con le autorità laiche, e di condannarli. Maggiore efficacia ebbero invece due grandi movimenti religiosi, sorti in quel periodo, la cui opera si basò, più che sulla persecuzione, sulla per­suasione e sul rinnovamento spirituale della Chiesa.

Il primo di questi Ordini fu promosso dallo spagnolo Domenico di Caleruega, nato intorno al 1170. Fondamentale fu per lui l'espe­rienza di una missione tra gli Albigesi, nel 1207, nel corso della quale egli comprese che la lotta contro i Catari non poteva essere condotta se non accogliendo alcune delle esigenze di cui essi si facevano portatori e praticando la povertà e la completa dedizione alla vita religiosa. Egli riuscì a convertire numerosi Catari attraverso pubbliche discussioni ed a reclutare dei compagni ai quali diede il nome di frati predicatori. L'ordine fu riconosciuto nel 1216 dal papa Onorio III. Già alla morte di san Domenico contava 60 con-venti che nel giro di pochi anni si moltiplicarono.

L'ispirazione religiosa di Francesco di Bernardone (1182-1226) nacque nel clima creato dalla diffusa ansia di ritorno alla purezza della fede ed alla semplicità di vita da cui sorsero le eresie dei Valdesi e dei Catari; ma, anziché nel senso del pessimismo manicheo, essa si orientò verso una visione gioiosa della natura ed uno spirito di carità e di umiltà in cui la forza dell'esempio prendeva il posto della condanna e della polemica. Figlio di un ricco mercante di Assisi, Francesco abbandonò, poco più che ventenne, la casa pa­terna e con undici compagni, indossando un abito da mendicante, iniziò la sua predicazione, basata sulla esaltazione della povertà, sulla fiducia in Dio, sulla carità e sul perdono. Francesco rimase sem­pre un laico, ma non si pose in contrasto con la Chiesa. Egli inten­deva costituire non un Ordine religioso ma una libera comunità, i cui membri, i frati minori, dovevano vivere di lavoro, dandosi alla predicazione errante ed all'attività caritativa, senza possedere beni e senza avete una organizzazione e legami gerarchici con la Chiesa.

n- La prima Regola, redatta nel 1210, rifletteva pienamente questo spirito di libertà. Francesco la sottopose ad Innocenzo III, ma non riuscì a farla approvare. Divenuto il francescanesimo un ampio mo­vimento, la Chiesa ne sollecitò la trasformazione in Ordine religioso e l'inquadramento nella organizzazione ecclesiastica: ciò avvenne

soprattutto per iniziativa di frate Elia, che diede al movimento una struttura conventuale, il cui fondamento economico non fu più il lavoro, ma l'elemosina. Ampliata e trasformata, la Regola fu appro­vata nel 1223 dal papa Onorio III: scomparvero alcune rigide affer­mazioni sulla eguaglianza di tutti i membri della comunità fran­cescana, sull'obbligo di lavorare, sulla non resistenza al male e sulla proibizione di possedere libri. Francesco continuò fino alla morte (avvenuta nel 1226) la sua predicazione, suscitando attorno a sé una sempre più vasta venerazione popolare.

Al francescanesimo si associò anche un movimento femminile, suscitato da santa Chiara, che subì l'influenza delle idee di san Fran­cesco. Da questo movimento nacque l'Ordine delle Clarisse.

Con la creazione di questi due Ordini, il monachesimo subì una svolta importante, che diede alla Chiesa la possibilità di seguire più da vicino il ritmo della evoluzione sociale e di superare la crisi determinata dalla rivoluzione comunale e dalle eresie. A differenza degli altri Ordini, che avevano sede soprattutto nelle campagne, la loro organizzazione si sviluppò nelle città, a contatto con i problemi morali, religiosi, culturali che poneva la vita cittadina: i Domeni­cani, in particolare, si orientarono verso lo studio teologico e con­quistarono posizioni di rilievo nelle Università; i Francescani svol­sero la loro attività tra il popolo o come consiglieri e « direttori di coscienza » di principi e ricchi mercanti.





5. Il movimento degli Spirituali.
Nell'Ordine francescano si formò, dopo la morte del santo, una corrente di frati che, fedeli ai princìpi originari del movimento, volevano mantenersi nella povertà assoluta e condannavano la pra­tica dell'elemosina. Il contrasto fu sanato, ma una parte di questi frati (gli Spirituali), influenzati anche dalle idee di Gioacchino da Fiore (1141-1202), si staccò dall'Ordine. Gioacchino era un monaco calabrese di umili origini, appartenente all'Ordine cistercense, che, tracciando un grandioso quadro della storia umana, aveva profetato l'avvento di una età dello Spirito, in cui l'umanità si sarebbe puri­ficata alla luce della ragione divina. La convinzione che i tempi fos­sero maturi per un rinnovamento in senso spiritualistico della so­cietà e della Chiesa e l'attesa di questo evento si diffusero largamente sia nella cultura ecclesiastica che in quella laica, anche se la dottrina gioachimita, pervasa da una vigorosa ansia di riforma e da larghe venature di razionalismo, fu ufficialmente condannata dalla Chiesa.

Una testimonianza dell'influenza delle idee gioachimite in seno alla Chiesa può essere considerata anche l'elezione del papa Celestino V (nel 1294), che era vicino idealmente agli Spirituali e che — caso unico nella storia del papato — fu spinto a rinunciare dopo pochi mesi alla tiara pontificia. Influenze gioachimite furono all'origine anche dell'eresia di Fra' Dolcino da Novara, che capeggiò un mo­vimento popolare contadino, ultima espressione del grande moto di protesta suscitato dai Valdesi e dai Catari.

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